Màa stasera vado in pizzeria con Berlinguer

di Antonio Carta

Frammenti di memoria. L’ultima visita del segretario del Pci in Sardegna ad Oristano. Nel pomeriggio un appassionato dibattito sulla pace con le ragazze e i ragazzi degli istituti medi superiori e la sera alla pizzeria Catapano.

Lunedì 16 gennaio 1984 Enrico Berlinguer fece tappa a Oristano durante il suo viaggio nell'Isola nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Regionale. Pochi mesi dopo sarebbe morto a Padova, dopo un tragico malore che lo colse durante un comizio in quella città. Il “giro elettorale” nell'Isola resta dunque uno delle ultimissime testimonianze del grande segretario del PCI, la cui morte lasciò nello sgomento non solo dirigenti e militanti del Partito, ma tutta l'Italia.

   Per questo vale la pena ricordare quella tappa per le caratteristiche che assunse e per il significato di un incontro umano, prima che politico, con le giovani generazioni di allora. Un incontro in luoghi singolari, una palestra scolastica e una pizzeria, in cui Berlinguer capovolse i ruoli.  Certo furono i ragazzi poco più che adolescenti a porgli domande ma, contravvenendo al “protocollo politico”, fu lui soprattutto a porre domande: “cosa vi aspettate dal Partito Comunista, come volete che sia”, “cosa pensate della nostra politica”, “come vedete il vostro futuro”, e via domandando e soprattutto ascoltando.

   Io, quasi casualmente, fui presente a quell'evento e, per puro caso, fui protagonista dell'organizzazione della cena in pizzeria tra Berlinguer e una nutrita rappresentanza di giovani.

   Bisogna fare una breve premessa a quell'evento.

   La visita elettorale di Enrico Berlinguer in Sardegna fu preparata nelle stanze della segreteria regionale del PCI, segretario regionale era Mario Pani, e prevedeva tappe a Cagliari, Sassari, Carbonia, Ottana coi lavoratori degli impianti chimici, i pastori nelle campagne di Dorgali a Isalle-Orroli, Olbia, Porto Torres e, infine, Oristano.

   Ogni tappa aveva un tema, come è facile intuire, e per Oristano fu deciso l'incontro con le nuove generazioni. Non fu una scelta casuale. Erano quelli anni in cui le tensioni internazionali erano al culmine e si era tenuta la conferenza sulla pace a Stoccolma nel dicembre del 1983 che aveva segnato una distanza netta tra l'URSS e gli USA sul tema degli armamenti, della corsa al riarmo, delle nuove armi spaziali, insomma i blocchi orientali e occidentali non erano mai stati tanto lontani e contrapposti. Ma erano anche gli anni in cui nacque un fortissimo movimento per la pace, con grandi manifestazioni in Europa ed in Italia, caratterizzate da una fortissima presenza di ragazze e ragazzi.

   Anche una piccola cittadina di provincia come Oristano era stata protagonista di quelle manifestazioni, soprattutto per merito di una organizzata e forte FGCI provinciale, la Federazione dei Giovani comunista del PCI, il cui segretario di allora, Andrea Piano, era un ragazzo poco più che ventenne dotato di grande intelligenza politica e grandi capacità organizzative. E fu tanto protagonista che nell'ottobre del 1983 organizzò una manifestazione per la pace con oltre tremila ragazzi che sfilarono per le vie cittadine. Ebbene quei tremila ragazzi fecero scrivere al quotidiano del PCI, L'Unità, se “contassero” di più i 3.000 di Oristano o i 30.000 della manifestazione di Roma, dando così un titolo di merito, per altro sacrosanto, ad Andrea e ai suoi compagni della FGCI.

  Perciò si decise che il tema della visita di Berlinguer a Oristano dovesse essere un incontro coi giovani protagonisti di quella manifestazione. La FGCI, con la segreteria provinciale del PCI, segretario era Umberto Cocco, organizzò l'iniziativa. La scelta fu quella di un confronto Berlinguer-giovani nel pomeriggio del 16 gennaio sui temi della pace.

   Fu una bellissima assemblea, partecipata ed animata, che si tenne nell'ampia e gremitissima, non solo di ragazzi e ragazze, ma anche di tantissimi insegnanti, nell'ampia palestra del Liceo Classico “De Castro”, storico Istituto scolastico della città, il cui Preside Bruno Manai fu ben lieto di concedere i locali.

   Fu un confronto serio, animato, franco, spontaneo nel quale Berlinguer mostrò tutta la sua capacità di confronto aperto e sincero e il suo straordinario interesse di conoscenza del pensiero e del giudizio dei giovani vero il suo partito. Rispose alle tante domande, sempre spontanee, che i giovani gli rivolsero. Poi, ad un certo punto, ribaltò il tavolo e fu lui a fare domande ai ragazzi e ci fu una gara dei ragazzi stessi a rispondere.

   Dopo quasi due ore di confronto e quando l'incontro si sarebbe dovuto concludere perché Enrico Berlinguer doveva rispondere ad una programmata intervista, una ragazza si alzò e candidamente invitò il segretario del PCI a mangiare una pizza con loro. Nello stupore generale, per qualcuno direi terrore, come se oramai si fosse instaurato un rapporto amichevole tra loro, Berlinguer disse “Perché no. Mi fa piacere. Fatemi andare a rispondere a un'intervista e vi raggiungo”.

   Faccio un'ulteriore piccola precisazione prima di andare avanti nei ricordi. Io non ero più nella segreteria provinciale del PCI: mi ero iscritto al partito nel 1970, avevo poi fatto il segretario provinciale della FGCI e, alla fine degli anni '70, ero entrato in segreteria. Nel 1983 avevo lasciato la segreteria provinciale ed ero andato a dirigere la Lega delle Cooperative di Oristano, in nome del vincolo stretto che allora legava le organizzazioni sindacali e di rappresentanza ai partiti della sinistra. Ovviamente il fatto che Berlinguer venisse a Oristano mi coinvolse comunque e mi misi a disposizione per “dare una mano”. Dunque ero presente nella palestra del “De Castro” a quel dibattito.

   Dunque dicevo, l'iniziativa finisce, inopinatamente, per la nomenclatura locale del PCI e per servizi di sicurezza che lo scortavano, Berlinguer accetta l'invito in pizzeria, e scoppia il panico. E mo'? Andrea non si perde d'animo, mi vede e mi chiede di aiutarlo ad organizzare la pizzata: lui penserà a selezionare la delegazione, io devo preoccuparmi del resto. Questore e Prefetto ci chiedono spiegazioni: la pizzeria non era prevista, non è opportuno, non ci date il tempo di organizzarci, e via protestando. Manco li ascoltiamo.

   Propongo ad Andrea la pizzeria di Catapano, la storica pizzeria di Oristano, l'unica che allora aveva un locale sufficientemente grande per tutti, ma anche perché, essendo io un suo cliente abituale, avevo sufficiente confidenza per chiedergli di ospitare tutti. Scortato da poliziotti e carabinieri nel più totale pallone per dover improvvisare un servizio di vigilanza adeguato, non dimentichiamo che eravamo ancora in un periodo in cui il terrorismo “politico” ogni tanto si affacciava sulle scene, arrivo in pizzeria. A quell'ora, erano circa le sette di sera, la pizzeria era ancora deserta, i Catapano, marito e moglie, erano intenti alla solita routine pre-cena: lui dietro il banco preparava i vassoi con gli impasti pronti per le spianate delle pizze e una sfilza di contenitori con tutto quello che serviva per condirle, lei trottava in sala apparecchiando i tavoli. Una scena familiare, perché  familiare era la pizzeria Catapano. Vado dritto al banco, saluto e mi rivolgo al signor Catapano.  Gli illustro la situazione: Berlinguer è a Oristano, “'O saccio”, mi risponde, e intanto entrambi guardavano sospettosi me e gli agenti di polizia che mi seguivano. “Vuole venire a mangiare la pizza da lei - gli dico mentendo consapevolmente - . Figuriamoci se Berlinguer sapeva dell'esistenza della pizzeria Catapano!

“Viene acca'?, oh Maronna mia, e c'aggia 'a fa'? mi risponde, paonazzo.

E io “La pizza per 30-35 persone”

“Sì - aggiunge lesto e perentorio un poliziotto che mi accompagnava- ma quando c'è l'onorevole e quelli che l'accompagnano non deve entrare nessun altro”.

   Il buon Catapano guarda smarrito la moglie, donna pratica, abituata a trattare coi clienti e che accudiva i tre figli, la casa e la pizzeria con la stessa energia. Lei guarda me e il marito e dice:

 “ E che problema c'è ? a noi l'onorevole ci sta simpatico, è nu bbuono politico, ci fa piacere. Dicite che dobbiamo fare, e 'o facimm. Quante pizze devono essere? “- diceva sempre così a chiunque entrasse in pizzeria: quante devono essere, come devono essere – “Quanti tavoli preparo?”.

   Francamente a quel punto ero io in difficoltà. “Mi dia qualche minuto che mi informo meglio e glielo dico” rispondo.

   Lascio poliziotti e carabinieri a predisporre il servizio di sorveglianza (e che sicuramente avranno stressato i poveri signori Catapano per controllare il locale) e mi fiondo alla ricerca di Andrea.

    Lo trovo ancora nella palestra circondato da un nugolo di ragazze e ragazzi che sta organizzando la delegazione di aspiranti mangiatori di pizza in compagnia di Berlinguer. Gli pongo i quesiti della Catapano e serafico mi dice “Guarda, noi saremo 20-25. Però tieni conto che Berlinguer vuole un tavolo solo per lui e la nostra delegazione di studenti. Degli altri non so nulla. Vedi tu.”.

   Torno in pizzeria. Trovo i Catapano, che nel frattempo si erano infilati grembiuli immacolati e stirati di fresco, intenti a preparare. Lui attizzava il fuoco nel forno, gettando dentro legna a bracciate, lei apparecchiava i tavoli.

   “Dunque signora - le dico - serve un tavolo per 20-25 persone per l'onorevole Berlinguer e i ragazzi. Poi almeno altri 2 tavoli ciascuno per una decina di persone”.

   “Uno per 5 per noi, separato e vicino alla porta” aggiunge il solito poliziotto, che seguiva con attenzione le mie mosse.

    “Va bbuono, ce penz'io. Non vi preoccupate.” risponde tranquilla la signora.

    Quando venne l'ora, dopo le 20, arrivarono prima una ventina di ragazzi capeggiati da Andrea, e appresso tutto lo stato maggiore del regionale del Partito che accompagnava Berlinguer, quei 4-5 che in qualche modo avevamo collaborato con la federazione provinciale per organizzare la visita ad Oristano, ed infine Berlinguer, scortato dal fido Tonino Tatò, praticamente l'ombra di Berlinguer, il segretario regionale e quello provinciale.

    A ripensarci ora, credo proprio che il segretario regionale, e non solo lui, ci restò molto male quando gli fu detto che Berlinguer voleva essere solo al tavolo coi ragazzi. Fu abbastanza evidente che non aveva informato nessuno, tranne Andrea, di questo suo desiderio, perché Tatò si preoccupò di far osservare le disposizioni del segretario nazionale. Così si formò un tavolo in cui al centro c'era Berlinguer col solito Tatò al suo fianco e solo una ventina di ragazzi e ragazze di fianco o di fronte.

    Io stavo ovviamente in un tavolo separato coi compagni che avevamo collaborato, chi più chi meno, alla buona riuscita della visita. Purtroppo non sono in grado di raccontare cosa Berlinguer e i giovani si dissero in quell'ora e mezza in pizzeria. Troppo lontano per carpire i dialoghi, che spesso si accavallavano disordinatamente. Bisognerebbe chiedere ad Andrea Piano, che stava lì ed era il capo indiscusso e indiscutibile di quei giovani. Ricordo bene però che la discussione era abbastanza curiosa: era Berlinguer che faceva domande ai ragazzi, ai quali, con mia sorpresa, dava del “lei”, e loro, i ragazzi, e soprattutto le ragazze, si accavallavano nelle risposte. La scena era abbastanza curiosa: Berlinguer parlava e da quel tavolo giungeva solo la sua voce, si interrompeva ed arrivava un vociare simultaneo dei ragazzi che volevano dire la loro. Seppi solo alla fine, da Andrea, che la serata era trascorsa sulla falsariga dell'assemblea del pomeriggio: domande di Berlinguer sulle loro aspettative di vita e di lavoro, domande sulla scuola, domande sul movimento per la pace, domande su come vedessero il PCI e su come lo avrebbero voluto.

    Di quella serata resta il ricordo di un uomo, Enrico Berlinguer, che apparve a me e ai tanti, compagni e non, che ebbero la fortuna di vederlo e sentirlo da vicino, una persona certo dotata di un forte carisma personale ma soprattutto di grandissima curiosità intellettuale e capacità di rapporto umano.

    E inoltre, se posso aggiungere una curiosa scena che allora mi fece divertire, ricordo il suo incontro con Alfredo Torrente. I due si conoscevano dai primi anni '50, quando Torrente era nella segreteria regionale e Berlinguer era stato inviato dalle Botteghe Oscure proprio nella segreteria regionale per “farsi le ossa” dopo la guida della FGCI nazionale. Non si vedevano da lungo tempo e il loro incontro fu davvero una scena comica: Torrente era un omone di quasi un metro e novanta e oltre 120 chili, Berlinguer un omino di circa un metro e sessantacinque e 60-65 chili - l'uno il doppio dell'altro- e quando si incontrarono Berlinguer lo vide da lontano e quasi gridando scandì sorridendo “Alfredoooo ...”, e Torrente, che visibilmente non stava più nella pelle, si precipitò verso di lui e lo abbracciò. Il povero Enrico fu letteralmente sommerso da Alfredo, sparì sotto la sua enorme mole e più d'uno, me compreso, pensò che l'avesse letteralmente stritolato. Ovviamente seguì una generale risata, mentre i due, Torrente rosso in viso per l'emozione dell'incontro, Berlinguer un po' stroppicciato per l'abbraccio, avevano preso a parlare fitto fitto chissà di cosa.

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Antonio Carta, già presidente regionale della Lega delle Cooperative, segretario provinciale della FGCI oristanese negli anni ’70. Oggi nel Consiglio di amministrazione della Fondazione della Casa Museo Antonio Gramsci di Ghilarza.

Manifestazione con Enrico Berlinguer il 15 gennaio 1984 a Cagliari, Foto © Franco Sotgiu

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Un pensiero riguardo “Màa stasera vado in pizzeria con Berlinguer

  1. Andrea ha detto:

    Bellissimo revival. Grazie Antonio

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