Il pensiero lungo ed innovativo di Umberto Cardia
di Tore Cherchi
Umberto Cardia è nato in Arbatax nel 1921. Laureato in lettere, iscritto al PCI nel 1946, con tessera presa a Cagliari quando esercitava la professione di giornalista. Del PCI ha attraversato la storia, da militante e da dirigente, vivendone i momenti critici: dai fatti d’Ungheria all’espulsione dei compagni del Manifesto, le grandi avanzate e gli arretramenti, in Sardegna e in Italia. È stata la classica figura di intellettuale e di dirigente politico pratico. Una personalità politica in cui teoria e prassi si fondono e alimentano l’azione per trasformare la società. E quindi era segretario di federazione o regionale o dirigeva la sezione esteri del Comitato Centrale, cioè stava sul campo, e contestualmente produceva e diffondeva cultura in molteplici ambiti.
Negli archivi del PCI della Sardegna è ben documentata la sua attività politica a partire dagli anni di formazione e di sviluppo del partito nuovo concepito e guidato da Palmiro Togliatti nel secondo dopoguerra. Già nel 1950 è componente della segreteria della federazione provinciale di Cagliari, diretta da Giovanni Lay, con Luigi Pirastu, Pietro Cocco e Luigi Marras. Ha la responsabilità della costituzione in Sardegna dei Comitati per la Pace, come testimonia un rapporto del 20 giugno 1950.
Nati alla scala nazionale e internazionale per contrastare il rischio della deflagrazione del conflitto fra Occidente e Unione Sovietica, questi comitati raccoglievano l’adesione di personalità di differente cultura politica: cattolici, socialisti, comunisti, sardisti. Anche a Cagliari ne facevano parte personalità di differente provenienza politica e con ruoli rilevanti nella società. A titolo esemplificativo richiamo la partecipazione di Ottavio Businco, Duilio Casula, Giuseppe Macciotta, medici cui la Sardegna deve molto, attivi sul fronte politico, culturale e sociale, testimoni dell’impegno generoso che caratterizzò la crescita civile e democratica della Sardegna del dopoguerra. In quegli anni il giovane Umberto Cardia, dunque, aveva già acquisito rispetto e autorevolezza tali da potere coordinare un movimento che superava i confini del partito.
Nelle elezioni comunali di Cagliari del 1952 fu candidato come capolista, insieme con Giuseppe Borghero, carlofortino, classe 1899, altro protagonista della storia del Partito comunista in Sardegna, e con Ludovico Geymonat, prestigioso filosofo della scienza, partigiano, docente all’Università di Cagliari. Cardia risultò il più votato. Nelle istituzioni ha ricoperto l’incarico di consigliere comunale, di consigliere regionale (1953-1968), di deputato nazionale (1968-1979) e di parlamentare europeo (1979-1984). Nel partito è stato segretario della federazione di Cagliari, segretario regionale e componente del Comitato Centrale nel quale ha svolto la funzione di presidente della Commissione Esteri.
Ricopriva l’incarico di presidente del Comitato regionale del partito il 7 dicembre 1991, quando fu colpito da un grave malore, dal quale non si rimise mai del tutto. Morì nel giugno del 2003.
Umberto Cardia ci ha lasciato un suo racconto autobiografico pubblicato postumo con prefazione di Joseph Buttigieg e introduzione di Giuseppe Marci. Il titolo, Il mondo che ho vissuto, rimanda all’intento di proporre «un atto ri-cognitivo» dei tempi e dei luoghi conosciuti. Il racconto, incompiuto, si conclude con la chiamata al servizio militare, in continente: «avevo diciannove anni e sei mesi e, per la prima volta, uscivo dalla casa dei miei genitori e attraversai il mare». Una lettura istruttiva e accattivante: il tempo e la malattia gli hanno impedito di portarlo avanti, privandoci della parte che avrebbe riguardato l’uomo maturo.
Sebbene di Cardia non sia stata sin qui pubblicata una compiuta biografia, su di lui sono numerosi gli scritti di personalità che hanno avuto familiarità e condiviso con lui esperienze politiche e culturali. Fra gli altri, richiamo quelli raccolti nel volume Umberto Cardia: la cultura e l’etica, pubblicato dall’Istituto Gramsci della Sardegnaa cura di Eugenio Orrù e di Nereide Rudas (Tema 2006). In quel volume segnatamente gli articoli di Salvatore Pirastu, Le radici, di Francesco Macis, Una ricerca incompiuta, (Umberto Cardia a Cagliari),e di Andrea Raggio, Un signore, un democratico un gramsciano, tratteggiano periodi della sua biografia. Ampie notizie biografiche sono contenute nella tesi di laurea di Raffaele Felce, Umberto Cardia, giornalista, politico, intellettuale, Università di Cagliari, anno accademico 2014-2015.
Nel 1989, l’anno della caduta del muro di Berlino e della svolta della Bolognina, Umberto Cardia aveva cumulato 44 tessere d’iscrizione al PCI. Svolgeva la funzione di presidente del Comitato regionale sardo: un ruolo interpretato nel senso proprio di presidente del partito e non di semplice coordinatore dei lavori di un organo di partito. Cardia partecipò attivamente ai congressi che decisero il superamento del Partito comunista e la fondazione di una nuova formazione politica della sinistra. Era decisamente favorevole alla svolta e fu ispiratore e spesso estensore dei documenti più rilevanti che caratterizzarono il dibattito in Sardegna.
Perché Umberto Cardia, diversamente da altri dirigenti della sua generazione o anche decisamente più giovani, era favorevole alla svolta? Le motivazioni sono molteplici e Cardia le espose nel discorso pronunciato nel Comitato regionale del partito riunito l’11 dicembre 1989, dopo la sessione del Comitato Centrale dedicata al tema. «Siamo in ritardo, dal 1979 abbiamoperso una parte notevole dell’elettorato», dichiarò. «La direzione nazionale andrebbe criticata per il ritardo grave con il quale sta agendo». Coglieva che la funzione politica del PCI nella storia nazionale e internazionale era venuta appannandosi e declinando; che persistevano un modo di essere del partito e una prassi ancora basati sul centralismo democratico, sebbene formalmente cancellato dal suo statuto. Comprendeva che il PCI non poteva dirsi al riparo, nonostante la sua ben differenziata storia, dai fallimenti del movimento comunista internazionale, segnatamente dell’Unione Sovietica e del blocco dei Paesi dell’Est europeo. Ci invitava ad approfondire la questione di «quando èiniziata la degenerazione del comunismo storico, aspetto che occorre capire meglio anche per capire meglio questa onda autonomista che sembra travolgere tutto». Si riferiva ai segnali di dissoluzione dell’Unione Sovietica che, successivamente, si sarebbe consumata completamente.
Penso che Umberto Cardia avesse maturato da tempo una convinzione meditata della necessità di una svolta radicale, traumatica direi, per andare oltre le pur importanti innovazioni introdotte con le segreterie di Longo e di Berlinguer e oltre quelle più recenti che identificavano i comunisti italiani come “soggetto del socialismo europeo”. Questo si coglie nella anzidetta denuncia del ritardo e nelle motivazioni della sua condivisione della svolta, ma ancor più nel fatto che, contestualmente e da subito, accompagnava quelle motivazioni con l’indicazione della strada da seguire affinché una moderna forza politica della sinistra potesse svolgere nella società sarda, italiana e europea, e nel tempo presente, la funzione di soggetto e agente politico trasformatore, per la conquista di nuovi spazi di democrazia sostanziale. Non solo non aveva titubanze, ma appariva sicuro padrone della rotta verso il futuro, ansioso di intraprenderla.
Era, insomma, interessato e fortemente coinvolto nel disegno di fondazione di una nuova formazione politica della sinistra italiana e, contestualmente, «di una specifica formazione politica, autonoma, della sinistra sarda, liberamente consociata con quella italiana». In questa “specifica formazione politica” avrebbe voluto convogliare la robusta e differenziata elaborazione teorica e il patrimonio di esperienze del federalismo e dell’autonomismo sardi, per generare un più forte e moderno soggetto politico dell’emancipazione del popolo sardo. Qui sta la motivazione della sua ultima, generosa e tenace fatica di intellettuale e di dirigente politico: realizzare, per la Sardegna, l’impegno di una vita.
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Tore Cherchi è Presidente della Fondazione Enrico Berlinguer. Ingegnere minerario, iscritto dal 1972 al PCI e poi ai DS e PD, è stato l'ultimo segretario regionale del PCI sardo e il primo dell'Unione Autonoma della Sinistra Sarda/PDS. E' stato parlamentare, sindaco di Carbonia e presidente della provincia di Carbonia ed Iglesias.
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Giovedì 8 settembre alle 18:00 nella sala convegni de la Fondazione di Sardegna, in via San Salvatore da Haorta, 2 a Cagliari presentazione del libro curato da Paolo Lusci e Giuseppe Marci, “Il pensiero necessario. Teoria e prassi nella via politica di Umberto Cardia”, edizione IsolaPalma, Interventi di Antonello Cabras, Gianmario Demuro, Marco Pignotti e Paola Piras. Coordina Paolo Lusci.