Pisanu: «È crollata la moralità del potere»
CAGLIARI. Di questi tempi succede che al convegno su Enrico Berlinguer, davanti a una folla di ex comunisti, la star diventa Beppe Pisanu. Il «compañero Beppe» come dice egli stesso per ironizzare su quanti, nel Pdl, danno del «compagno» a chi dissenta dal Cavaliere. Il suo staff aveva fatto sapere che non sarebbe stato un intervento legato alla contingenza politica, ma il presidente della commissione parlamentare Antimafia qualche frase se la fa scappare. Avvicinato al suo arrivo dai giornalisti che, tra le altre cose, gli chiedono della questione morale in riferimento alle ultime clamorose vicende nazionali, Pisanu non ha dubbi: «Il livello di un Paese si misura dal tasso di moralità pubblica, qui da noi dobbiamo dire che purtroppo è davvero basso».
Tocca a lui il compito di concludere il convegno in ricordo del segretario del Pci morto a Padova nel 1984 e Pisanu parte col botto: «In questa brutta stagione politica la Costituzione è l’unica stella polare. Che Dio ce la conservi». La platea esplode in un applauso che, a quanto sembra di capire, è soprattutto di incoraggiamento per una svolta politica che potrebbe caratterizzare il dopo elezioni regionali. E l’applauso scatta di nuovo quando, sul filo dei ricordi, Pisanu cita un convegno a Roma con Dolores Ibarruri: egli viene salutato da Berlinguer con tale calore che la pasionaria si rivolge a lui chiamandolo «compañero Beppe». Nel rievocare, certo non a caso, questo episodio, caso, il presidente della commissione Antimafia ride divertito: forse pensa ai giornali berlusconiani che da tempo scrivono del «compagno Fini» e del «compagno Pisanu». Organizzato dalla Fondazione Berlinguer in occasione di una mostra fotografica che nelle sale del palazzo viceregio illustra la biografia del segretario del Pci, il convegno è introdotto da Salvatore Corona: «E’ una riflessione sulla politica». Dopo il saluto del sindaco Emilio Floris («ben vengano gli accordi tra schieramenti nell’interesse generale»), è il presidente della Provincia, Graziano Milia, ha sottolineare, in politica, l’arte del compromesso, senza la quale «c’è solo il fanatismo». Milia traccia di Berlinguer un ricordo anche affettuoso, interpretando un sentimento «molto diffuso nelle giovani generazioni, che guardano con fiducia e speranza alla politica dei valori». A tratti emozionante il ricordo di Berlinguer illustrato con maestria politica e dialettica dall’ottantenne Mario Birardi, segretario dei giovani comunisti a Sassari quando Enrico Berlinguer era segretario nazionale della Fgci. Birardi lavorò con Berlinguer anche nella segreteria nazionale del Pci e gli episodi che tira fuori dal taccuino della memoria sono tanti. Anche per «smentire che fosse triste, come molti sostengono». Il ruolo politico del leader comunista è tracciato anche da Gavino Angius, che, come Birardi, è stato sia segretario regionale sia nella segreteria nazionale con Berlinguer. Angius dice innanzitutto che quello di Berlinguer «è stato un periodo breve», appena dodici anni. Ma che ha lasciato il segno («ce ne sarebbe bisogno ancora oggi») e alcune grandi eredità: «Il senso delle istituzioni come garanzia democratica, il ruolo della politica e dei partiti come portatori di cultura e ideali». Nel ricordare lo «strappo» dall’Unione Sovietica, Angius afferma che Berlinguer «tenne unito il partito con la diversità etico-morale», sollevò la questione morale «non solo come lotta alla corruzione» ma anche come riscoperta «dei valori, compresi quelli cattolici». Il paragone con l’oggi è sconfortante: «Viviamo in una democrazia malata, ci sono oligarchie senza controllo, c’è il rischio del despotismo». Infine Pisanu. Che ha intrecciato l’esperienza di Berlinguer con quella di Aldo Moro. Da capo della segreteria politica di Zaccagnini, Pisanu conobbe da vicino il segretario del Pci, soprattutto tra il 1975 e il 1980. Sono anni densi di avvenimenti drammatici che fanno parte della storia italiana del Novecento, ma Pisanu fa, anche se non esplicitamente, alcune sottolineature molto attuali: soprattutto quando spiega che il progetto del «nuovo compromesso storico» (nuovo perché il primo fu quello per la Costituzione) nasceva dall’esigenza di far uscire l’Italia da una crisi economica gravissima e dalla sanguinosa fase del terrorismo. Un unire le forze, quasi da soli a Est come a Ovest, che era molto rischioso. Come ha dimostrato l’assassinio di Moro e il falso incidente d’auto dal quale Berlinguer uscì miracolosamente illeso. Il tutto - conclude Pisanu con un altro richiamo critico all’oggi - perché, rispetto agli egoismi personali e di partito, scelsero l’interesse generale.
Di Filippo Peretti
la Nuova Sardegna — 06 marzo 2010 pagina 10