L’imbroglio dello scambio autonomia differenziata contro insularità
di Salvatore Cherchi.
Il ministro Calderoli, incassato il voto favorevole della giunta regionale sarda al disegno di legge sull’autonomia differenziata, confida che l’opinione pubblica sarda accantoni diffidenza e contrarietà verso un progetto che oggettivamente induce o consolida gravi sperequazioni fra i cittadini nella fruizione di diritti basilari. Per questo fine ci propina il miraggio delle compensazioni delle diseconomie dell’insularità: di queste si occuperà, dichiara, per l’appunto il disegno di legge sull’autonomia differenziata. Quindi dobbiamo stare tranquilli?
In realtà una legge che prende in carico gli oneri connessi all’insularità esista già. Si tratta della legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale varata per l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione. Sebbene l’articolo 119 della Costituzione nel testo vigente nel 2009 non menzionasse la questione insularità, introdottavi infatti con la riforma del 2022, la legge 42/09 tuttavia si è occupata dei costi derivanti da quella condizione. Lo fa innanzitutto all’articolo 22 dedicato alla perequazione infrastrutturale. Questo articolo prevede che tra gli elementi da considerare per superare il deficit infrastrutturale si tenga conto della “specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall’insularità”. Il tema è ripreso nel successivo articolo 27, comma 2, finalizzato alla quantificazione del fabbisogno finanziario da determinarsi tenendo conto “ delle funzioni effettivamente esercitate e dei relativi oneri, anche in considerazioni degli svantaggi strutturali permanenti, ove ricorrano, dei costi dell’insularità e dei livelli di reddito pro capite...”.
Chiarito che la legge che riconosce gli svantaggi strutturali permanenti e i costi dell’insularità esiste già, bisogna rispondere a tre interrogativi. Il primo riguarda il fatto che la legge 42 del 2009 si occupi dei costi dell’insularità Ci si potrebbe chiedere come ciò sia possibile dal momento che solamente nel 2022 la parola insularità è introdotta nel testo dell’art.119. Il tema in realtà era già molto vivo nel dibattito: la legge 42/09 non ha fatto altro che tenerne conto. Ovviamente resta positivo il fatto che nel 2022 il testo costituzionale sia stato modificato per rendere esplicito ciò che era implicito.
Il secondo punto riguarda cosa sia necessario fare per dare corso alle disposizioni della legge 42 del 2009. E’ scritto nella stessa legge all’articolo 27: si deve procedere attraverso lo strumento delle norme di attuazione dello Statuto.
E infine: perché la legge 42/09 è rimasta lettera morta nonostante il lungo tempo trascorso dalla sua approvazione? La risposta è che nel decennio trascorso il bilancio pubblico, pur gestito da governi di molteplice colore, non ha assegnato le risorse necessarie per una riforma che se conseguisse la piena autonomia finanziaria (questo è il suo fine ultimo) di regioni, comuni, province e città metropolitane rivoluzionerebbe la situazione. Anzi il bilancio pubblico ha sensibilmente ridotto gli stanziamenti per la gran parte dei comparti: solo in epoca Covid e post Covid si registra l’incremento della spesa per gli investimenti e per i servizi basilari.
Chiariti questi punti, cosa fare ora? La Regione dovrebbe ripartire non dalla richiesta di una nuova legge (campa cavallo!) ma dalla convocazione dei tavoli tecnici e del comitato paritetico per definire finalmente le norme di attuazione dello Statuto appropriate allo scopo come stabilito dalla legge 42 del 2009.
Il governo ha invece creatoun abbaglio fuorviante: autonomia differenziata per l’insularità, e purtroppo c’è chi si è fatto prontamente abbagliare.
In verità la Sardegna ha un interesse diretto non solo ad attuare una legge esistente dal 2009 ma anche a respingere il Disegno di legge sull’Autonomia diffrenziata. Anche la regione Sardegna con i suoi Comuni, per assicurare i diritti di cittadinanza fondamentali (istruzione, sanità, servizi sociali, mobilità) e le funzioni fondamentali degli enti territoriali, in condizioni paritarie, ha necessità di, e diritto a, trasferimenti statali a titolo perequativo delle entrate proprie. Inoltre perché diritti e funzioni siano di standard qualitativo adeguato è necessario abbandonare il criterio della spesa storica e fare i conti seriamente e cioè con i costi effettivi dei servizi di qualità: a quel punto ci si renderà conto che occorre destinare ulteriori maggiori risorse statali alla Sardegna come del resto all’intero Mezzogiorno.
Il Disegno di legge sull’autonomia differenziata va in senso opposto: ha l’obiettivo politico di accrescere le entrate di alcune regioni del Nord: l’oggetto del desiderio è il cosidetto “residuo fiscale”. Non occorre particolare acume per comprendere che chi è indietro sarà sospinto ancora più indietro.
Che la Lega persegua questo disegno è spiegabile in quanto intende recuperare terreno nelle regioni dove è in declino elettorale. È invece semplicemente sconcertante che la Giunta regionale, a trazione sardo leghista, sia subalterna a un disegno dannoso per l’insieme della Repubblica e, direttamente, per la Sardegna.
Il Disegno di Legge Calderoli andrebbe semplicemente cestinato per ripartire da autonomismo e federalismo basati su principi di cooperazione e solidarietà quale è quello che ispira la nostra Costituzione.