Giuliano Amato su Enrico Berlinguer, ovvero la storia piegata all'autoassoluzione
di Salvatore Cherchi.
Ricorreva, il 29 giugno scorso, il centenario della nascita di Giorgio Napolitano, compagno caro a noi tutti che abbiamo condiviso lโesperienza del Pci e dei partiti a questo succeduti. Giovanissimo scelse la militanza politica a tempo pieno: era anche lui, come Enrico Berlinguer, un ๐๐ข๐๐ง๐๐๐๐๐๐๐ di partito. Dalla segreteria della federazione comunista di Caserta รจ arrivato sino alla Presidenza della Repubblica.
Lโanniversario รจ stato ricordato con celebrazioni e riflessioni sul pensiero e lโazione del dirigente politico e dellโuomo delle Istituzioni. Giorgio Macciotta, che di Napolitano fu stretto collaboratore, per la nostra Fondazione ha scritto unโacuta analisi sul suo meridionalismo โ๐ ๐๐๐ง๐ ๐๐ ๐ ๐๐ ๐ก๐๐๐ง๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐๐โ. Il Senato ha dato alle stampe il ponderoso volume ๐๐ช๐ฐ๐ณ๐จ๐ช๐ฐ ๐๐ข๐ฑ๐ฐ๐ญ๐ช๐ต๐ข๐ฏ๐ฐ. ๐๐ฆ๐ด๐ต๐ช๐ฎ๐ฐ๐ฏ๐ช๐ข๐ฏ๐ป๐ฆ ๐ฆ ๐ฑ๐ณ๐ฐ๐ด๐ฑ๐ฆ๐ต๐ต๐ช๐ท๐ฆ ๐ข ๐ค๐ฆ๐ฏ๐ต๐ฐ ๐ข๐ฏ๐ฏ๐ช ๐ฅ๐ข๐ญ๐ญ๐ข ๐ฏ๐ข๐ด๐ค๐ช๐ตa, una biografia ricostruita attraverso decine di contributi, introdotta da Guido Melis. La Fondazione Gramsci, lโIstituto italiano per gli studi storici e lโAssociazione Giorgio Napolitano gli hanno dedicato un convegno di studi. Quel convegno, oltre che per la partecipazione del Presidente della Repubblica e il merito degli interventi di insigni studiosi, ha avuto eco sui mezzi di informazione per le parole di Giuliano Amato che, da presidente di una sessione, ha scelto di poggiare la celebrazione delle virtรน di Giorgio Napolitano sulla demolizione di Enrico Berlinguer con un discorso da cui Giorgio Napolitano, persona seria, avrebbe certamente preso le distanze.
Come sarebbe stata la storia dellโItalia, se, nel 1972, invece di Berlinguer, segretario del partito fosse diventato Napolitano? si รจ chiesto Amato che, pronto e saldo nelle certezze, si รจ risposto: ยซ๐ฟ๐ ๐ ๐ก๐๐๐๐ ๐'๐ผ๐ก๐๐๐๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐ ๐ ๐ก๐๐ก๐ ๐๐๐ฃ๐๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐๐๐๐๐๐ก๐๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐ ๐ ๐ ๐๐๐๐๐ ๐ก๐ ๐๐ ๐๐๐๐๐๐๐๐ง๐ ๐ ๐ ๐ ๐๐ ๐ ๐ข๐ ๐๐๐๐ ๐๐๐ก๐ก๐๐ฃ๐ ๐๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐ก๐๐ก๐ ๐๐๐๐๐๐ฃ๐๐ ๐ ๐๐ ๐ข๐ ๐ข๐๐๐ [๐ธ๐๐๐๐๐ ๐ต๐๐๐๐๐๐๐ข๐๐] ๐๐ ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐๐, ๐๐ ๐๐๐๐ฃ๐ ๐๐ ๐ฃ๐๐๐ข๐ก๐ ๐๐๐ ๐๐ ๐๐ข๐ก๐ข๐๐ยป.
Sulla storia fatta con i se hanno ironizzato e replicato Francesco Merlo, sul quotidiano La Repubblica, e altri su altre testate. In Sardegna, lo ha fatto Paolo Maninchedda, che, pur distante per cultura e visione politica da Berlinguer, si รจ ribellato allโoperazione caricaturale e strumentale fatta da Amato. Si puรฒ aggiungere, per la veritร storica, che Giorgio Napolitano e Enrico Berlinguer hanno sempre militato nello stesso partito, segno che unitร e condivisione prevalevano sulle pur consistenti distinzioni. E si puรฒ aggiungere che nessuno dei due ha proposto il superamento del PCI, pur essendo andati molto avanti nellโinnovazione della cultura politica dei comunisti e che semmai รจ stato Berlinguer ad essere andato piรน in lร con il discorso โsullโesaurimento della spinta propulsiva della rivoluzione dโottobreโ che intravedeva lโepilogo del ๐ ๐๐๐๐๐ ๐๐๐๐ฃ๐. Quale che sia il giudizio sulla ๐ ๐ฃ๐๐๐ก๐ ๐๐๐๐๐ ๐ต๐๐๐๐๐๐๐๐, questa fu fatta da Achille Occhetto.
La si potrebbe chiudere cosรฌ ma si resterebbe sul piano della polemica, improduttiva di veritร . E quindi bisogna dipanare il filo delle affermazioni di Amato e andare al merito della icastica definizione di Berlinguer come โ๐ข๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐๐๐ ๐๐๐ ๐๐๐๐ ๐๐ ๐๐๐๐ฃ๐ ๐๐ ๐ฃ๐๐๐ข๐ก๐ ๐๐๐ ๐๐ ๐๐ข๐ก๐ข๐๐โ e, dunque ostacolo politico a โ๐ข๐๐ ๐ ๐ก๐๐๐๐ ๐๐๐ฃ๐๐๐ ๐ ๐๐๐๐โ๐ผ๐ก๐๐๐๐โ. Prima, perรฒ, richiamo a me stesso, caso mai lo dimenticassi, la lunga, ricchissima e complessa biografia politica di Giuliano Amato. Chi ha parlato di Berlinguer al convegno su Napolitano non รจ un โsempliceโ studioso ma uno che al potere รจ rimasto nelle piรน differenti stagioni politiche e sempre in primo piano; uno che parla di Napolitano e di Berlinguer ma sta parlando, e molto, anche di sรฉ stesso e del gruppo dirigente socialista, di cui era eminente esponente, che si scontrรฒ con Berlinguer e il gruppo dirigente del Pci. Discutiamo di questo, dunque, e stiamo ai fatti: โ๐ผ๐ ๐๐๐ก๐ก๐ ๐ฬ ๐๐ ๐๐๐ ๐ ๐๐๐ขฬ ๐๐ ๐ก๐๐๐๐ก๐ ๐๐ ๐๐๐๐๐โ, fa dire a Woland, il re dei diavoli, Michail Bulgakov. I fatti nessuno puรฒ cambiarli.
Berlinguer, a proposito di sguardi sul futuro, fu irriso quando, con il discorso sullโausteritร , propose un modello di sviluppo basato sui consumi collettivi e non sullโiperconsumismo individuale. โ๐๐ ๐๐๐๐ก๐ ๐ง๐๐๐๐๐๐๐๐ก๐โ: cosรฌ, testualmente, lo etichettavano gli zelanti craxiani. Loro, invece, erano i modernizzatori. Modernizzarono il Paese? Tra il 1980 e il 1990 il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo passรฒ dal 55% al 100% e nel 1994 valeva il 124%. Per memoria: sono gli anni del CAF (acronimo di Craxi, Andreotti, Forlani) al governo dellโItalia. Cosa faceva Giuliano Amato negli anni del CAF? Nel 1983 era sottosegretario alla presidenza del Consiglio, eminenza grigia a Palazzo Chigi. Vi restรฒ per tutta la legislatura. In quella successiva, forte di meriti acquisiti, divenne ministro del Tesoro e vicepresidente del Consiglio. Gli toccรฒ in sorte di chiudere la lunga stagione del CAF da presidente del Consiglio: lasciรฒ in ereditร agli italiani il peso del debito pubblico piรน che raddoppiato, decretรฒ il prelievo forzoso del sei per mille dai conti correnti degli italiani, lโuscita dellโItalia dallo Sme etc. etc. etc. Dunque: Berlinguer era uno โzoccolanteโ, retrogrado. E loro erano i sedicenti modernizzatori. Ma il decennio della grande modernizzazione si concluse nel caos politico, morale, economico e finanziario. Piรน che di modernizzazione, bisognerebbe parlare di saccheggio dello Stato. โ๐๐ข๐๐ ๐ก๐ ๐ฬ ๐๐ ๐๐๐ก๐ก๐โ, direbbe Woland.
Enrico Berlinguer fu criticato, anche da dirigenti del suo partito, quando mise al centro dellโiniziativa politica del PCI ๐๐ ๐๐ข๐๐ ๐ก๐๐๐๐ ๐๐๐๐๐๐, ma era (ed รจ) in grande sintonia con il comune sentire dellโopinione pubblica. Sbagliava Berlinguer? Al riguardo, per spiegarmi con qualcosa di una certa rilevanza, parlerรฒ di partecipazioni statali e di economia mista al tempo del CAF.
Unโindagine parlamentare ha concluso che Iri, Eni ed Enel tra il 1980 e il 1994 (per memoria: sempre gli anni del CAF) hanno generato oneri a carico dello Stato pari a 120.680 miliardi di lire. LโEfim, il minore degli enti delle Partecipazione statali, che esisteva solo per dare un feudo ai partiti minori del CAF, รจ costato 16.900 miliardi di lire alla finanza pubblica. A guardare quei dati si potrebbe dedurre che le imprese partecipate dallo Stato siano intrinsecamente e inesorabilmente dissipatrici del pubblico danaro e delle tasse dei contribuenti. Si tratta di una conclusione fuorviante e assolutoria delle responsabilitร politiche. A ben vedere, le stagioni dello Stato imprenditore non sono state tutte eguali e tutte negative: ce ne sono state anche di molto positive. Al riguardo, insegna qualcosa il confronto fra periodi. Come accennato precedentemente, il costo per la finanza pubblica di Efim, Iri; Eni ed Enel, fra il 1980 e il 1994 fu di oltre 137mila miliardi di lire. Per avere un confronto, fatto con valori omogenei, il costo dello Stato imprenditore dal 1937 al 1979 era stato di 10.402 miliardi di lire a fronte di risultati molto positivi nella stagione della ricostruzione del Paese dopo la Seconda guerra mondiale e negli anni del boom economico cui le partecipazioni statali contribuirono in misura determinante. Si accrebbe anche il patrimonio dello Stato: nonostante i richiamati disastri del periodo 1980 โ 1994, lo Stato imprenditore registrava, nellโanno 2000, un saldo attivo di 81.300 miliardi di lire fra costi sostenuti e entrate da dividendi e alienazioni e valore delle aziende anche ancora possedute. Un attivo notevole: le stagioni, appunto, non sono state tutte uguali.
In veritร negli anni Ottanta del secolo scorso ci fu una drammatica degenerazione figlia della lottizzazione al ribasso e dellโingerenza pervasiva dei partiti di governo nelle aziende, del rapporto incestuoso fra pubblico e privato e della diffusa corruttela di tanti managers ed esponenti politici. La corruzione fu il fenomeno che emerse piรน clamorosamente: Enimont, da sola, mosse 150 miliardi di lire di tangenti. Ma il danno fu ben piรน ampio e profondo. Interi gruppi industriali furono distrutti in quella stagione; lavoratori licenziati e dirigenti capaci e onesti mortificati; un volume enorme di risorse pubbliche dissipato; le privatizzazioni imposte e praticate in uno stato di necessitร costrinsero lo Stato a svendere le aziende. Il CAF agonizzante, Amato, dopo aver fatto parte dei gruppi dirigenti politicamente responsabili dello scempio, rivestรฌ i panni del becchino dello Stato imprenditore. Nella situazione data di dissesto finanziario, le riforme tentate in extremis dal suo governo si tradussero inesorabilmente nella liquidazione del sistema dellโeconomia mista che tanto aveva dato allo sviluppo del Paese. Ho viva memoria del disappunto di Gerardo Chiaramonte, indubbiamente un fermo riformista, di fronte a quellโepilogo. โ๐๐ข๐๐ ๐ก๐ ๐ฬ ๐๐ ๐๐๐ก๐ก๐โ, direbbe ancora Woland.
Almeno a posteriori si dovrebbe riconoscere che Enrico Berlinguer aveva colto bene, e per tempo, le radici della crisi quando pose al sistema politico e alla societร italiana la questione morale intesa non come semplice fatto di malaffare ma essenzialmente come lโoccupazione invasiva dello Stato da parte dei partiti di governo. Il citato caso delle partecipazioni statali ne รจ una drammatica dimostrazione, ma non รจ il solo caso. Volutamente non ho fatto alcun cenno alle inchieste giudiziarie perchรฉ il fallimento di quei gruppi dirigenti fu essenzialmente politico e morale.
Il Berlinguer della questione morale e dellโausteritร che antivedeva le conseguenze del sistema dei partiti piegati sullโoccupazione del potere e di un sistema economico e sociale costruito sulla dissipazione delle risorse, era, in realtร , un moderno. Da Craxi era diviso da questioni di merito e non dal pregiudizio verso il partito socialista anche quando questo si era dato lโobiettivo, ovviamente legittimo, di soppiantare il Pci come primo partito della sinistra. Non casualmente dellโelezione del socialista Sandro Pertini alla Presidenza della Repubblica, il regista fu Enrico Berlinguer e non Bettino Craxi. E non casualmente, Enrico Berlinguer dialogava costruttivamente con Brandt, Palme, Mitterand, Kreisky, i leader delle socialdemocrazie europee.
Enrico Berlinguer, soggetto anche lui al giudizio della storia, compreso il suo essere stato comunista italiano sino alla conclusione dei suoi giorni, resta nella memoria collettiva del nostro Paese, a quaranta anni dalla morte, come il piรน popolare leader politico della seconda metร del Novecento tanto per il suo modo di intendere la politica come per le sue โidee lungheโ che si proiettano nel nostro tempo. Non sarร il giudizio di Amato a cambiare quello della coscienza del Paese. ๐ด๐๐โ๐ ๐๐ข๐๐ ๐ก๐ ๐ฬ ๐ข๐ ๐๐๐ก๐ก๐.
Enrico Berlinguer. Foto di Tatano Maiore, 1984
